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Guarda: una ciuccia che vola!

  • Immagine del redattore: Alessandra Aiello
    Alessandra Aiello
  • 1 set 2018
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 8 apr 2023


Nena Pampa

Mia cara Nena Pampa,

Vorrei tanto che i miei più calorosi auguri di buon compleanno ti raggiungessero a braccetto con le scuse che devo farti per non essere riuscita a passare a trovarti quest’estate.

Purtroppo l’impresa di conciliare piaceri e doveri si è rivelata estremamente difficile, soprattutto con una finestra temporale ridicola come quella che ho avuto io: tre miserrimi mesi di ferie di cui uno bruciato solo nei preparativi per la mia tradizionale partenza in Puglia. Sono sicura, a questo punto, di ricevere la tua compassione.

No? Credi che non mi sappia organizzare? Guarda che io sono un mostro nel management della mia vita familiare. Pensa che l’ultimo giorno prima di partire per Brindisi la laguna cercava di affogarmi con cinquecento impegni da evadere ma io la contrastavo a bracciate vigorose perché sentivo che le vacanze ormai erano vicine e nessun sospeso sarebbe emerso improvvisamente a guastare il mio riposo estivo. Verso le due del pomeriggio, realizzando di non avere tempo per il parrucchiere, mi è venuta un’idea geniale: andare a farmi coccolare dalla mia amica Agnuska che mi aveva promesso un trattamento alla cheratina indispensabile per ristorare i miei capelli danneggiati. Pensavo di risparmiare un po’ di tempo e mi immaginavo un balsamo profumato che lei mi avrebbe applicato e fatto tenere in posa per una ventina di minuti, durante i quali avremmo chiacchierato dei nostri progetti per l’estate. Sfortunatamente non sapevo che il trattamento sarebbe durato quattro ore, che avrei lacrimato peggio che ad un funerale e che i fumi di quel prodotto malefico avrebbero intossicato l’intero Sestriere di Cannaregio. A quarant’anni suonati ho scoperto che le famose nubi tossiche che periodicamente si sprigionano a Marghera non partono dal Petrolchimico bensì da qualche solerte cubana che si prende cura dei propri capelli. O di quelli di una sua amica. In compenso, i miei capelli sono stati perfetti per tutta l’estate, dalla mattina alla sera, con lo scirocco e con la tramontana, tanto che credo che tutti a Portobello abbiano pensato che io avessi intrecciato una sordida storia clandestina con un parrucchiere.

Sento le nostre menti connesse a livello subliminale: mi stai chiamando Ciuccia.

Ma torniamo al giorno della partenza. Vogliamo parlare delle dieci ore trascorse sull’Intercity Venezia - Brindisi?

Riesci solo ad immaginare le devastanti implicazioni psicologiche per me e per i miei compagni di vagone derivate dall’esposizione reiterata alle litanie calcistiche di Emanuele e alle richieste di quella piattola assassina di Isabella? Ti dico solo che già verso Bologna mi aspettavo che i nostri vicini di posto decidessero di buttarsi giù dal finestrino e che il Capo Treno, per non rischiare di incrociarci, si arrampicasse sul tetto dei vagoni come Lupin saltando così dalla carrozza cinque alla carrozza sette. A metà viaggio Dio ha dato prova della sua esistenza facendo materializzare un Angelo con le fattezze di una ragazza di Tricase emigrata a Forlì con la passione per i bimbi. Mi ha comunicato orgogliosamente che lavorava in una asilo nido e che, prima di lei, anche sua madre e sua nonna si erano impegnate in questa nobile attività. L’Angelo salentino ha giocato con i miei figli mentre io riacquistavo la gioia di vivere man mano che i cartelli ferroviari cominciavano a parlarmi di casa. Verso Foggia, però, ho sorpreso la piccola Montessori, improvvisamente pallida, a compilare dal suo smartphone una form on line per un concorso all’Agenzia dell’Entrate.

Mi crederai, cara Serena, l’emozione di rivedere i miei genitori alla stazione di Ostuni è stata fortissima. La mamma si era chiusa in casa per tre giorni a cucinare e, quella sera, devo dire che la tavola pareva imbandita per un matrimonio. La Regina Parmigiana e l’Arrosto Principe Consorte erano circondati da una corte di mille “cucine e cucinieddi”: focaccia con le rape, cornaletti al forno, venti diversi tipi di formaggi e verdure di cui avevo dimenticato l’esistenza. Roba che se avessi inviato la foto di quella tavola sulla pagina Facebook di Inchiostro di Puglia avrebbero nominato tua zia membro del comitato direttivo. E quando già la mia forchetta calava indomita sull’antipasto di pesce sempre tua zia, la mia cara mamma, ha indicato il cestino del pane informandomi del fatto che, dopo che ero scesa dal treno, era corsa in panificio a prendere una pagnotta integrale per il mio bene perché: <<Alessà sei grossa da fare schifo>>.

Comunque, passato il primo giorno a rifocillarmi (e anche il secondo e il terzo) ho iniziato con calma a fare progetti che esulassero dal sedersi a tavola.

E allora tu mi chiederai quanta calma ci abbia messo o quale cataclisma mi abbia poi impedito di fare quei trenta chilometri per venire a Brindisi da te.

Ecco....Sono ancora impegnata nel tentativo di darmi la risposta.

Ricordo vagamente di essere entrata in uno stato catatonico che mi faceva scivolare dalla sedia al divano della nostra casetta sul mare. Poi dal divano strisciavo verso il letto. E, di nuovo, dovevo misurarmi con lo sforzo di ritornare a tavola perché nel frattempo si era già fatta ora di cena. Questo stato larvale è durato una settimana. Purtroppo mi sono dovuta ridestare perché Emanuele e Isabella avevano iniziato ad andare in giro per il Residence Portobello con delle foglie di fico al posto della biancheria intima e, per spostarsi da una zona all'altra e depredare le case altrui, si lanciavano con le liane. I nonni avevano deciso di nutrirli esclusivamente con polpette, gelati e lecca-lecca. Emanuele poi cominciava a ritornare a casa pieno di escoriazioni a causa del suo modo circense di intendere l'andare in bicicletta. Quando l’ho sentito confidare fieramente ai suoi amici che avrebbe nascosto tutte quelle cicatrici con qualche bel tatuaggio ho capito che dovevo dare loro un po' di disciplina ed ho stabilito di portarli al mare.

Quindi, ogni mattina è iniziata la faticosissima quanto frustrante routine <<riempi la borsa - prendi i braccioli – ricorda la crema solare - porta i teli da mare- no io non voglio il telo rosa voglio quello blu.....>> Nonostante il tempo di preparazione del bagaglio fosse inversamente proporzionale ai giorni che mi rimanevano di vacanza, in spiaggia assaggiavo sempre l’amara scoperta di una cosa dimenticata. Una volta sistemate in acqua le due bestioline, mi rilassavo anch’io curiosando sulle pagine Facebook delle mie amiche che le mostravano impegnate tra musei e visite nelle città d’arte e di storia. Guardavo i volti sorridenti dei loro figli davanti alla scultura o al quadro di turno e poi sollevavo gli occhi verso i miei: Isabella, inzaccherata di sabbia fin sui capelli, cercava di rubare le formine ai nostri vicini di ombrellone (e sì, quel giorno avevo dimenticato i giochini da spiaggia) mentre Emanuele rischiava di annegare in trenta centimetri d’acqua. Dunque, un giorno ho deciso repentinamente che anch’io avrei offerto ai miei figli delle occasioni formative e la mattina dopo mi sono buttata giù dal letto all'alba per portarli allo Zoo Safari di Fasano. Non contenta di questa immersione nel repertorio faunistico pugliese (la famosa Ciuccia salentina è una risorsa regionale da tutelare sai?) la settimana successiva li ho portati in una piscina fantastica che hanno aperto a Villanova dal nome Kios. Se tralasciamo la Sagra dell’Orecchietta a Cisternino, con quel richiamo al greco antico credo di aver definitivamente saziato la sete di cultura mia e dei miei figli per quest'estate. Ti dirò, avevo accarezzato per un attimo il progetto di andare a visitare Alberobello ma ho scoperto con piacere che su Rai YoYo trasmettono Trulli Tales - Le avventure dei Trullalleri, un cartone animato ambientato in un villaggio di trulli appunto. Questa scoperta mi ha incantata pertanto, grazie a Miss Frisella e a Nonna Trulla, mi sono convinta che la visione quotidiana del cartone avrebbe potuto legittimamente sostituire una visita nella Valle d’Itria.

Comunque Cugina, tutta questa premessa era per dirti che sono veramente in difetto, lo so. E so anche che mentre scrivo mi rendo conto che mi manca il tempo che trascorrevamo insieme quando eravamo signorine. Quando parlavamo uomini e non di bambini. Di trucchi e non di pannolini. O forse anche prima. Da piccola, ad esempio, adoravo venire a casa tua. Ricordo perfettamente la tua ossessione per i Duran Duran e, in misura più contenuta, per gli Spandau Ballet. Guardavo i poster di John Taylor e Tony Hadley appesi in camera tua e, ora te lo posso dire, a me facevano impressione ma cercavo in tutti i modi di carpirne il bello perché se a te piacevano qualcosa di intrigante doveva pur esserci.

E’ vero che sei tanto più anziana di me (sì, lo sento che mi stai chiamando Ciuccia a gran voce) ma ricorderai sicuramente quando, a Natale, in attesa della mezzanotte, ci guardavamo <<The Rocky Horror Picture Show>> oppure stavamo a letto a cantare <<I wish you a Merry Christmas>>. Poi ci riprendevamo col telefono e selezionavamo scientificamente i destinatari a cui inviare il nostro sketch canoro. Erano tempi in cui le amicizie si definivano e si coltivavano in base agli operatori telefonici: se non si era Vodafone l’invio del video non sarebbe avvenuto gratis pertanto gli auguri agli utenti Tim sarebbero stati fatti alla prima occasione utile.

Poi siamo diventate un po’ più grandi. Ripenso a quando ero all’università a Bari e tu sei venuta a stare qualche giorno con me nella casa che dividevo con gli altri studenti. C’era un caldo porco e la notte dormivamo abbracciate alle bottiglie d’acqua che congelavamo di giorno.

Poi mi sono trasferita a Venezia e tu sei venuta trovarmi fin qui. In realtà stavi andando con Giuseppe alla Barcolana a Trieste però mi ricordo di avervi ricompensato della deviazione che avete fatto preparandovi una bella cena a cui è seguito un allegro pigiama party. Il giorno dopo avete insistito per portarmi a Trieste e io me la sono spassata allegramente con voi e i vostri amici a parte quel fastidiosissimo particolare di dover raggiungere la barca dove avremmo dormito scavalcandone almeno altre sei ed io già allora esibivo l’agilità di un’ottantenne col deambulatore.

Invece ora che nelle nostre vite non ci sono più barche a vela ma solo camioncini giocattolo, ora che The Rocky Horror Picture Show è stato soppiantato da Marsha e Orso (che detto tra noi mi è simpatica come un dito in un occhio) io non riesco a trovare il tempo di venire a trovarti. Quella Ciuccia di tua cugina è volata a Venezia con EasyJet, piena di rimorsi per le cose che non è riuscita a fare e per le persone che non ce l’ha fatta a incontrare.

Confido di farlo a Natale, se deciderai di aprirmi la porta di casa. Nel frattempo ti rinnovo i miei auguri per i tuoi cinquan…. quaran…. vabbè cugina mia io passo e chiudo sennò non mi aprirai più!


 
 
 

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